Estate del 1990. Roberto mi chiama, contrordine, il viaggio non è annullato, si parte! L'imbarco è alle 22.00! Sono le 15.00, da Catania a Bari sono 6 ore di strada ed ancora non ho fatto le valigie.
Metto qualcosa in un borsone, salto in auto, così, come si trova e parto. Alle 21.00 sono a Bari, per fortuna trovo subito la strada per Piazza Garibaldi. Roberto e Michele mi aspettano sotto casa, li carico al volo e ci avviamo di corsa verso il porto, manca solo mezz'ora, mi fiondo all'interno degli imbarchi internazionali ... già, peccato che si tratta della dogana. Esce dal cabinotto un militare che probabilmente sonnecchiava fino ad un attimo prima. E' infuriato ed ha il mitra spianato, corre verso di noi urlando che non abbiamo rispettato l'alt della dogana e ci giura che non partiremo mai.
Inizia col chiedermi di chi è l'auto - di mia madre - rispondo, - bene, visto che l'auto non è sua mi esibisca l'autorizzazione del proprietario all'espatrio - Per fortuna, già, perchè se mi avesse chiesto un documento più banale, come il libretto o la carta verde, non li avrei avuti comunque, nella fretta li avevo dimenticati a casa. Miracolosamente appare la madre di Roberto, ci aveva seguiti per accertarsi che andasse tutto bene, prende con le buone il militare che rientra dalle intenzioni bellicose e che finisce per non fare neppure i controlli di routine.
Ci imbarchiamo, vaghiamo per la nave, ceniamo con un piatto di spaghetti incollati con del ketchup sopra, immangiabili. La mattina presto familiarizziamo con Zoran, un ragazzo slavo, ha comprato delle scarpe al mercato di Bari e le porta in Jugoslavia per rivenderle, ci chiede di portarne due paia a testa, altrimenti gli farebbero pagare le tasse. Accettiamo.
Allo sbarco, i militari creano due file, una per gli italiani, una per gli Jugoslavi, quest'ultimi verranno esaminati più attentamente.
Zoran viene in auto con noi sperando di passare inosservato. Ci chiedono se siamo tutti italiani, non possiamo mentire, rischieremmo troppo. A quel punto ci fanno scendere tutti e controllano all'interno di tutti i borsoni. Il militare capisce subito di chi sono le scarpe, le sequestrano e portano via Zoran, a noi non dicono niente. Dopo 15 minuti torna Zoran, avevamo temuto il peggio, ci racconta che il doganiere gli ha chiesto 50 mila lire "fuori busta" per chiudere la faccenda. Risale in auto con noi e facciamo un pezzo di strada assieme.
A Bar il panorama è desolante, entriamo in un supermercato per fare qualche piccola scorta, negli scaffali c'è pochissima roba. Risaliamo versonord e ci fermiamo a Budva.
mercoledì 5 novembre 2008
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